“Là dove c’era l’erba/ora c’è una città”, cantava Adriano Celentano ne Il ragazzo della via Gluck. Rho non è la via Gluck, anche se è a pochi minuti dal centro di Milano, e il luogo di cui parliamo non era un prato, ma una fabbrica di profumi. Ne era proprietario Roberto De Silva, e sorgeva in questo sobborgo meneghino di storia e tradizioni industriali. Ancora oggi Rho è un sobborgo di condomini, fabbriche e alberghi sorti per l’Expo, ma al posto della fabbrica di profumi la moglie di Roberto De Silva, Diana Bracco – industriale del settore farmaceutico e, come il marito, mecenate e grande appassionata di Musica e cultura – ha voluto che sorgesse un teatro e l’ha donato agli abitanti. 400 posti, modernissimo, un’acustica straordinaria, esteticamente ammirevole negli interni e negli esterni, il Teatro Roberto De Silva oggi ospita spettacoli di prosa di qualità, musica e un cartellone che è un fiore all’occhiello per un territorio non molto abituato alla cultura. Inaugurato in sordina negli anni del Covid, ha avuto una sorta di lancio definitivo pochi giorni fa, quando ha ospitato la Chamber Orchestra of Europa (un complesso che si riunisce e preparare una tournée nelle città che lo invitano, e che in passato ha avuto come mentore Claudio Abbado, seguito da altri grandi direttori). Per l’occasione l’orchestra è stata diretta da un musicista che a Roma, nei 17 anni a capo dell’Accademia di Santa Cecilia, ha lasciato un seguito di ammirazione per le sue interpretazioni e per la sua capacità di comunicare col pubblico, di sedersi in mezzo alla gente e contagiarla con la sua passione: Antonio Pappano. E se la prosa conta già un pubblico di spettatori, per la musica, come spiega il presidente del Teatro Fiorenzo Grassi, «di tradizioni qui non ne esistono ancora, ma vogliamo crearle con proposte di grande qualità che spaziano dal Quartetto dei Berliner Philarmoniker a I Pomeriggi Musicali o i Solisti di Pavia, senza dimenticare l’opera lirica. E Pappano ha promesso di ritornare». Da parte sua il direttore nato in Inghilterra da genitori emigrati dalla provincia di Benevento (“sono orgoglioso del mio cognome che ho portato in tutto il mondo, e in particolare in America dove a lungo ho vissuto e lavorato. Del resto siamo tutti migranti, perfino Trump lo è viste le sue origini”) ha impaginato un programma dalle molte suggestioni americane che, complice il pianista Bertrand Chamayou, ha trascinato all’entusiasmo il pubblico presente. E proprio di questo ha parlato prima del concerto «la routine uccide la musica, noi dobbiamo essere degli entusiasti e dobbiamo trasmettere a chi ci segue, a chi paga il biglietto, emozioni e stupori». Pappano, nominato Sir per i suoi meriti artistici, lo fa da tutta la vita, come racconta nella sua biografia uscita in questi giorni La mia vita in musica (Marsiglio Specchi): da quando ascoltava i dischi del papà, aiutava la mamma a fare le pulizie in ufficio di Londra, e mostrava un talento straordinario al pianoforte, senza bisogno di conseguire titoli e diplomi. E, a ricordo di Roberto De Silva, anche questo nuovo teatro vuole essere uno spazio per vivere il grande stupore per la Musica, per il Teatro, per il ritrovarsi fianco a fianco in platea.