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Crisi 5Stelle, l’analisi di Aldo Giannuli: «Conte? Con lui nessun futuro, devono puntare su Chiara Appendino»



Il prof. Aldo Giannuli, 72 anni

La tornata elettorale ligure del 27 e 28 ottobre scorsi ha visto la coalizione del cosiddetto “campo progressista”, guidata dall’ex ministro Andrea Orlando, sfiorare la vittoria contro un centrodestra assai più compatto capeggiato dal sindaco di Genova, Marco Bucci. Tra i sostenitori di Orlando, com’è noto, c’era anche il Movimento 5 Stelle, che ha raccolto appena il 4,56% dei consensi, lacerato dalla faida tra l’attuale leader Giuseppe Conte e il fondatore Beppe Grillo. Il celebre comico per rimarcare la propria contrarietà alle posizioni assunte dall’ex premier ha optato addirittura per l’astensione. «Da creatore del Movimento, ne rivendico il diritto all’estinzione» aveva dichiarato poche ore prima del voto. Ora gli iscritti attendono l’ultima fase della Costituente promossa da Conte, che si terrà il 23 e 24 novembre. Tuttavia le polemiche non si placano. «I 5 Stelle in Liguria hanno subito un’erosione dei consensi decisamente importante. In quella regione Grillo ha sempre avuto una forte influenza, aveva fatto capire in tutti i modi che non sarebbe andato a votare e di fatti così è stato. Molti dei potenziali elettori hanno certamente seguito il suo esempio», spiega il prof. Aldo Giannuli, politologo (l’ultimo saggio è da poco in libreria, si intitola “Geopolitica.Comprendere il nuovo ordine mondiale”, edito da Ponte alle Grazie, direttore del centro studi “Osservatorio Globalizzazione” nonché profondo conoscitore del Movimento fondato dal comico ligure. «Tuttavia, questa loro crisi dura ormai da diversi anni. Non dimentichiamoci delle europee di cinque anni fa: dal 32% delle elezioni politiche del 2018, in un solo anno, i 5 Stelle passarono al 17%. Praticamente un consenso quasi dimezzato».
E cambiò il rapporto di forze con la Lega, con cui erano alleati, che fece il processo inverso, balzando dal 17% al 34%.
«Esattamente. Ma la cosa più interessante allora fu che, sul piano dei voti assoluti, i 5Stelle persero il 60% dell’elettorato rispetto alle politiche. Una catastrofe. Per non parlare, appunto, dell’alleanza con la Lega».
Sono cominciati lì i guai, secondo lei?
«Prima di tutto, quello era un matrimonio d’interessi in palese contrasto coi principi ispiratori del Movimento, che era cresciuto nell’ottica del: “Non ci alleeremo mai con nessuno”. E invece sono finiti con la forza più distante da loro, Salvini ha fatto la parte del leone e se li è mangiati. Quel Governo, però, varò il reddito di cittadinanza: ecco l’errore più grande. Quando, ancora nella precedente legislatura (2013-2018, ndr.) iniziarono ad agitare quella bandiera, dissi a Casaleggio: “Questa di dividere il reddito dal lavoro è un’idea imbecille, non può funzionare”. Lui, invece, se ne innamorò, ma credo che adesso persino lui si ricrederebbe».
A proposito di Casaleggio, cos’è rimasto di quel Movimento?
«Nulla, direi. Guardi, io conosco bene Grillo e sono molto affezionato a lui, ma è sempre stato solo un frontman. La vera mente politica era Casaleggio, infatti la decadenza del Movimento è iniziata proprio con la morte di Gianroberto. Non credo che Beppe voglia tornare alla guida dei 5Stelle, sa di non essere in grado perché non è il suo mestiere. Servirebbe una figura nuova. L’unica persona che potrebbe “mantenere” più che “riprendere” il consenso, al momento, è l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino. Esclusa la vicenda di piazza San Carlo, la notte della finale di Champions League del 2017, non ha avuto i guai della Raggi: ha governato bene e tuttora ha un suo seguito in Piemonte».
Ma un leader il Movimento ce l’ha: Giuseppe Conte.
«Sì, ma non è mai stato del Movimento. È completamente estraneo a quella cultura e ha fatto una politica che non c’entra nulla coi 5Stelle. Il Movimento delle origini faceva consultazioni online più o meno ogni mese: quante ne ha fatte da quando Conte è diventato leader? Una o due, forse? Se continua così, alle prossime politiche non arriveranno al 5% e staranno fuori dal Parlamento».
Però alle ultime politiche con Conte il Movimento ha preso il 17%, recuperando molti consensi persi durante l’esperienza del Governo Draghi.
«Vero, ma alle ultime europee del giugno scorso avevo previsto un risultato a una sola cifra e infatti si fermarono sotto il 10%. Alle ultime politiche in tanti sperarono in una ripresa, ma la percentuale ottenuta in Liguria ci dice che anche lo zoccolo duro degli elettori ormai si sta squagliando. Come ho detto, serve una nuova figura supportata da Grillo e magari anche da qualche parlamentare della prima ondata».
Per esempio Di Battista?
«Sono molto amico di Alessandro, gli voglio bene, ma ha perso la sua occasione qualche anno fa: quando ti chiamano per una riscossa e non ti presenti, la tua credibilità è pari a zero. Un altro grande problema è nella classe dirigente. Si ricorda come furono scelti i candidati all’inizio?».
Con le primarie online.
«Sì, ma tra chi? Erano tutte persone che si erano presentate nelle loro liste alle amministrative senza essere eletti. Non erano soltanto sconosciuti, ma anche bocciati dagli elettori. Qualcuno è riuscito a emergere dall’anonimato, come Di Battista, Taverna, Villarosa… Guardi i parlamentari di adesso, invece. Ricorda qualche proposta o qualche dichiarazione forte? Non ricordo neanche chi siano i capigruppo, si figuri».
In questa crisi d’identità che lei descrive, quanto ha inciso la scelta di entrare nel “campo largo” del centrosinistra?
«È un’alleanza che si regge sull’assoluta incapacità di pensiero politico di chi l’ha creata. Come dice un proverbio siciliano, è il nulla mischiato al niente. Ha funzionato solo in Sardegna, con la vittoria della candidata dei 5Stelle, Alessandra Todde, perché era una figura nuova e lì, i due elettorati, avevano interesse a rinnovare la politica locale. A livello nazionale, litigano solo sulla spartizione, mai una volta sui programmi».
Professore, lei è in libreria con Geopolitica. Comprendere il nuovo ordine mondiale. Dopo il risultato delle elezioni statunitensi, qual è l’ordine mondiale che si profila all’orizzonte?
«Penso che ci sarà un tentativo da parte di Trump di costituire una sorta di “triumvirato” globale composto da Washington, Mosca e Tel Aviv. Putin, però, vuole tornare al suo progetto originale che era quello di sganciarsi dai cinesi e tornare a fare l’ago della bilancia tra Pechino e gli Usa, per avere più potere nelle trattative. Vuole evitare di essere totalmente alle dipendenze dell’una o dell’altra parte. Vedremo se riuscirà a mettere in atto questo disegno».





Dal sito Famiglia Cristiana

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