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Migranti, l’appello di Fatima: aiutateci in Libia è l’inferno

Mediterranea diffonde un video girato da una donna etiope arrestata dalle milizie libiche mentre attraversava il Mediterraneo e ora rinchiusa nel carcere libico di Zawiya con i suoi figli minorenni: “Quello che ci è successo in mare ha superato il livello di crudeltà umana, soffriamo la fame, la sete stupri e violazioni dei diritti dei bambini”

Vatican News

La voce è flebile, le immagini non sono nitide, ma il messaggio è un pugno nello stomaco, uno schiaffo in faccia, di quelli che stordiscono. Fatima Ibrahim ha uno dei suoi figli in braccio, sono tutti minorenni e con lei sono stati catturati in mare e rinchiusi nel centro di detenzione di Zawiya, in Libia, a poche decine di chilometri da Tripoli, il lager governato da Almasri, il comandante libico sospettato di crimini contro l’umanità. Fatima è lì, rinchiusa in una lurida cella, che gira il video, inviato a RefugeesinLibya e rilanciato da Mediterranea.

In Libia è l’inferno

“Ci appelliamo a tutte le persone interessate affinché ci aiutino – dice Fatima – quello che ci è successo in mare ha superato il livello di crudeltà umana, una ragazza è morta per le ustioni lì e non abbiamo nemmeno visto il corpo. E un’altra ragazza è morta quando siamo arrivati qui con lei ieri. Viviamo in Libia da molti anni e abbiamo perso la speranza nell’Unhcr”, la voce sembra spegnersi, ma le parole sono nitide e drammatiche, “fuggiamo via mare perché qui soffriamo la fame la sete stupri e violazioni dei diritti dei bambini. Diffondete la nostra voce: in Libia stiamo vivendo l’inferno”.

La testimonianza di Fatima

Le vittime, donne e bambini

Fatima è una rifugiata etiope, durante la traversata del Mediterraneo, con la sorella Rakuya, è stata catturata, lo scorso 2 maggio, con i bambini, suoi e della sorella, e con altre 130 persone dalla cosiddetta guardia costiera libica, che altro non sono che milizie, spiega Mediterranea. Si trovavano in acque internazionali tra l’Italia e la Libia dopo essere partita da Sabratha. Le fiamme provocate dalle pallottole sparate contro l’imbarcazione di legno dai miliziani – continua il racconto di Mediterranea – hanno ucciso una ragazza, tutti gli altri sono stati catturati e riportati sulla terra ferma al campo di Al Nasr.  I miliziani hanno sottratto telefoni e soldi. Il 3 maggio è morto un bambino e il giorno dopo un’altra donna. 

Crimini contro l’umanità

“In aperta violazione alla Convenzione di Ginevra e alla Convenzione di Amburgo”, denuncia Mediterranea la guardia costiera libica, cattura le persone in mare per poi deportarle in Libia. “in questo momento – si legge – il lager contiene più di 100 donne di altre nazionalità e decine di bambini. Gli uomini di Almasri chiedono 6000 dinari per il rilascio di ogni persona”.  La speranza, conclude l’organizzazione, è che la diffusione del materiale video “giunga a tutti coloro che dovranno votare il rifinanziamento alle milizie libiche previsto dal memorandum Italia – Libia”. Aiutateci è l’appello di Fatima che è rimbalzato, grazie alla ong, fino alla Cpi, alla Corte penale internazionale, che di Almasri nei mesi scorsi ha chiesto l’arresto, perché, conclude Mediterranea “qualcuno nel governo italiano e nell’Unione europea dovrà rispondere davanti alla giustizia di questi crimini contro l’umanità”.



Dal sito Vatican News

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