Il cardinale Pizzaballa stamattina verso le riunioni dei porporati
Siamo al 6 maggio, vigilia del Conclave e la Congregazione generale del mattino è una delle ultime occasioni per vedere da vicino i cardinali, elettori e non, prima del loro trasferimento a Santa Marta. Aumenta il numero delle telecamere, dei fotografi e dei giornalisti. Così le misure di sicurezza attorno ai cardinali si sono fatte più stringenti. Sono sempre più numerosi anche i cardinali che arrivano in auto. Ma qualcuno, anche alla vigilia, si muove a piedi.
Tra i più mattinieri di oggi c’è il “papabile” Pierbattista Pizzaballa. Il Patriarca di Gerusalemme esce a passo svelto da un portone vicino al colonnato poco dopo le 8:30 e resta imperturbabile davanti all’assalto dei cronisti che gli gridano domande su Gaza e le operazioni militari israeliane. Pizzaballa non parla, non si scompone e tira dritto protetto da un poliziotto, poi cammina sotto il colonnato e infine entra in Vaticano salutato dalle guardie svizzere. Per le televisioni restano solo le immagini, inutili i microfoni.
I giornalisti sono in gran parte appostati vicino al colonnato. L’angolo fra Largo degli Alicorni e via Paolo VI è il più propizio per gli incontri. Qui, nei giorni scorsi si è fermato il sempre sorridente e gentile cardinale austriaco Christoph Maria Michael Hugo Damian Peter Adalbert Schönborn, origini nobili, arcivescovo emerito di Vienna dal gennaio di quest’anno. Ottantenne, Schönborn, non entrerà in Conclave e pochi giorni fa spiegava che “noi cardinali anziani siamo qui per ascoltare molto e parlare poco”. Persona amabile, con il sorriso anche negli occhi, alla fine della sua ultima messa nel Duomo di Santo Stefano prima di diventare “emerito”, il presidente della Repubblica austriaca Alexander van der Bellen, lo ha salutato commosso in italiano dicendo:”ti voglio bene, ti vogliamo tutti bene”.
Un altro cardinale sempre disponibile con i cronisti, al punto di venirti incontro con la mano tesa per stringertela, è Jean-Paul Vesco, 63 anni, l’ex avvocato francese diventato domenicano, arcivescovo di Algeri dal 2021 e cardinale dal dicembre del 2024. Vesco è un runner, corre anche le maratone, e arriva a passo di carica dall’Aventino con lo zainetto in spalla. Inutile dire che i giornalisti fanno il tifo per lui, anche se è considerato un “papabile” troppo giovane.
Oggi arriva a piedi, attraversando una piazza san Pietro assolata, Louis Raphael I Sako, patriarca cattolico dei Caldei, rappresentante di quella chiesa irachena visitata da Francesco nel marzo del 2021. Sako indossa sempre gli occhiali da sole e non ha molta voglia di parlare. Più loquace è l’andaluso José Cobo Cano, il non ancora sessantenne cardinale arcivescovo di Madrid. Non dice granché, ma saluta affettuosamente alcuni giornalisti spagnoli che lo chiamano a gran voce e lo fanno tornare sui suoi passi quando aveva già ingranato la quarta sul sagrato di piazza San Pietro. Mentre si allontana, un uomo gli grida: “portate la pace nel mondo, non ne possiamo più della guerra!”. Un altro giovane cardinale che arriva a piedi è Francis Leo, 54 anni, l’arcivescovo di Toronto figlio di immigrati italiani. Non si fermano con i giornalisti il cardinale di Hong Kong, Stephen Chow Sau-yan, e lo snello cardinale africano Ignace Bessi Dogbo, 63 anni, arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio), oggi con una sciarpa attorno al collo che lo protegge dall’umidità del mattino .

Suscita rispetto e venerazione l’arrivo del cardinale svedese Anders Arborelius, 75 anni, luterano convertito al cattolicesimo, arcivescovo di Stoccolma. Un nome e un aspetto degno di un personaggio de “Il nome della rosa” di Eco. Arborelius indossa il saio dei carmelitani, un paio di scarpe di tela e nella mano destra porta una valigetta.
La possibilità di indossare il saio da parte dei cardinali appartenenti agli ordini monastici non è un capriccio, ma ha radici antiche. “Sono monaco e cardinale e nella mia figura cerco di unire questi due fiumi che scorrono nella mia vita, ma certo non sempre è facile”, ci confida Arborelius mentre si avvia verso la Congregazione. Gli chiediamo come un Paese con pochi cattolici come la Svezia sta vivendo questi giorni. “C’è grande attenzione, tutta la società svedese ha mostrato il suo sincero dolore per la morte di Francesco. Poi c’è anche curiosità nel vedere sui giornali la foto di un cardinale svedese, molti neppure sanno che in Svezia c’è un cardinale. Diciamo che per il mio Paese è un momento molto interessante”. Prima di salutarci il cardinale Arborelius, senza ovviamente fare nomi, ci dice chi dovrà essere il prossimo papa: “Qualcuno che può aiutare il mondo a riscoprire Cristo e a promuovere il Vangelo”.