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E venne un uomo chiamato Francesco

«Furono i racconti di un amico uruguayano ad accendere in me la curiosità verso questo strano cardinale, che non aveva autista, si muoveva in città con la metropolitana, visitava le più malfamate baraccopoli di Buenos Aires e si svegliava alle 4 del mattino passando in preghiera le prime ore del giorno. Correva l’anno 2001, il nome di Jorge Mario Bergoglio era sconosciuto ai media occidentali benché, proprio in quell’anno, papa Giovanni Paolo II l’avesse creato cardinale. Ebbi modo di soddisfare la mia curiosità quattro anni dopo, nell’ottobre 2005, a una cena a casa degli amici e colleghi Gianni Valente e Stefania Falasca. L’arcivescovo di Buenos Aires era loro ospite a Roma, Gianni l’aveva conosciuto in Argentina dove si era recato a realizzare un reportage per conto del mensile internazionale 30Giorni. Mi aspettavo un uomo di Dio ascetico e severo nel rifiutare ogni forma di mondanità. Pensavo a una figura che poteva intimorire e mettere in soggezione i suoi interlocutori. Scoprii un uomo mite, con un notevole senso dell’umorismo e di fronte al quale era facile essere se stessi. Quella sera mi chiese se potessi pregare per lui. Il modo in cui me lo chiese non posso dimenticarlo. Non era un convenevole clericale, da come attendeva la risposta sembrava che quella fosse la cosa più importante per lui in quel momento».

È una parte del ricordo di papa Francesco scritto da Lucio Brunelli, ex vaticanista del Tg2 ed ex direttore delle testate giornalistiche di Tv2000, sul settimanale Credere in edicola da mercoledì 30 aprile, un numero interamente dedicato al ricordo di papa Francesco.

«La sera del 13 marzo 2013, quando il cardinale Tauran annunciò il nome del nuovo Papa», prosegue Brunelli, «ero a San Pietro in diretta per il Tg2. Potete immaginare l’emozione quando qualche minuto dopo, dal balcone della basilica, chiese per la prima volta ai fedeli di pregare per lui. Pensavo che non l’avrei più sentito ora che era diventato Papa. Invece due giorni dopo mi chiamò al telefono, mentre stavo scrivendo un servizio su di lui per il telegiornale della sera. Non riuscivo a parlare dalla commozione, chiesi scusa e lui con molta tranquillità mi disse: “Finisci pure (di piangere)… Ti aspetto, devo dirti una cosa”. Aveva mille cose da pensare e da fare in quelle ore, ma poteva tranquillamente aspettare che finissi di piangere come un bambino, senza farmi pesare la mia imbranataggine».

Continua a leggere l’articolo acquistando il numero di Credere di questa settimana, in edicola e nelle librerie religiose da giovedì 1 maggio  e in parrocchia da sabato 3. Oppure acquista la tua copia digitale a 0,99 euro su www.edicolasanpaolo.it

(Immagine in alto: foto Reuters)





Dal sito Famiglia Cristiana

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