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Milani «Papa Francesco ci lascia una Chiesa ancor più innamorata della storia di tutti»

«Il ricordo più bello di papa Francesco è senza dubbio la sua ultima giornata». È quella l’ultima immagine che monsignor Davide Milani, presidente della Fondazione Ente Spettacolo di Roma e officiale del Dicastero della Cultura e dell’educazione della Santa Sede, ha di papa Francesco. «Nella festa di Pasqua, il giorno che dà senso alla fede cristiana, il giorno che è il motivo per cui crediamo, Papa Francesco ha compiuto una serie di gesti che sono l’indice di quel libro che è stato il suo pontificato. Anzitutto ci ha parlato di Cristo, la cifra sintetica del suo Pontificato, al di là di tante riduzioni sociologiche o politiche che molti commentatori evidenziano in queste ore. Nell’ultima sua omelia, letta dal cardinale Comastri nella Messa di Pasqua, papa Francesco ci ha ricordato “ecco la speranza più grande della nostra vita: possiamo vivere questa esistenza povera, fragile e ferita aggrappati a Cristo, perché Lui ha vinto la morte, vince le nostre oscurità e vincerà le tenebre del mondo, per farci vivere con Lui nella gioia, per sempre”. Nell’Angelus che ha scritto ha invocato la Pace. Poi ha benedetto, dalla loggia di San Pietro, urbi et orbi, i credenti presenti e il mondo intero, senza distinzioni: segno della sua dedizione a tutta l’umanità che per questo l’ha amato e lo ama. Infine, è sceso in piazza ed è stato tra la gente, segno di un ministero che ha senso se porta la speranza di Pasqua accanto alla vita delle persone, lì dove sono, li come sono. Il tutto in modo incarnato, non con parole astratte ma attraverso in corpo piegato dalla sofferenza e dalla malattia. Le stesse condizioni per le quali molti soffrono e proprio per questo spesso sono messi da parte e scartati, come lui stesso ha denunciato».

Cos’ha provato davanti alla notizia della morte?
«Ho appreso la notizia mentre mi stavo preparando a celebrare la Messa del lunedì dell’Angelo. I sentimenti di smarrimento hanno così subito lasciato il posto – nell’Eucarestia – al ringraziamento per i doni ricevuti con questo pontificato e all’invito ai fedeli a pregare per Francesco, invitandoli a non disperdersi in chiacchiere, a non smarrirsi dietro a ricostruzioni, parole vuote, totonomi sulla successione ma a guardare verso la stessa direzione in cui ha guardato lui: verso Gesù».

E durante la visita alla salma?
«La visita alla salma di papa Francesco è stato un atto di omaggio e di preghiera come si fa per una persona cara, che molte volte ho avuto l’occasione di ascoltare e incontrare. Ma è stata anche la possibilità, ancora una volta, di fare esperienza della chiesa nella sua poliformità di esperienze, provenienze, età, modi di dire la fede tutte in pellegrinaggio davanti alla sua salma».

Che ricordo ha della visita del Pontefice a Milano e alle terre ambrosiane il 25 marzo 2017 quando lei era portavoce dell’allora arcivescovo Angelo Scola?
«Di quel giorno ho tante singole impressioni e una sola impressione stampata nel cuore. I ricordi sono legati all’attesa, al lavoro organizzativo, ai molteplici momenti vissuti da papa Francesco a Milano. Ma la sola impressione è stata quella di una città, una diocesi, un popolo che amava il Papa e rinnovava il suo impegno a seguirlo nella gioia dell’esperienza cristiana, nella semplicità di una festa fatta di incontro, comunità, rapporto con il Signore. Un’esperienza vissuta in modo analogo pochi anni prima quando a visitarci venne Benedetto XVI».

Il Papa e il cinema. Cosa amava?
«Papa Francesco ha amato il cinema e ha manifestato più volte questa sua passione. Ricevendo nel febbraio del 2023 Fondazione Ente dello Spettacolo, la realtà della Chiesa italiana che presiedo e che si occupa di cultura cinematografica, ha detto che il buon cinema è quello che riesce a “esprimere l’armonia, sia nella gioia, sia nel dolore, l’armonia umana. Per questo ringrazio per il vostro lavoro. È un lavoro evangelico. Anche un lavoro poetico, perché il cinema è poesia: dare vita è poetica”. Papa Francesco non amava i film “cattolici” o “catechistici” ma le grandi opere – come quelle del neorealismo italiano – capaci di raccontare le attese, le gioie, le speranze, i dolori della gente comune, della vita di tutti i giorni. Ha amato il cinema come testo, cioè nell’integralità dell’opera, della sua struttura artistica e non come pretesto, ovvero come occasione per una parentesi, per parlare d’altro, come illustrazione estrapolata da un film per trattare di un dato di fede».  

Che Chiesa ci lascia?
«Papa Francesco lascia una Chiesa ancor più innamorata della storia, della vicenda di tutti, specie dei più deboli, degli ultimi, degli scartati. Ci lascia una Chiesa che guarda al mondo come all’unica casa comune che guarda con speranza a Cristo come unico e necessario Salvatore».





Dal sito Famiglia Cristiana

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