Centinaia di persone hanno preso parte ieri sera al rito del Venerdì Santo vissuto a cavallo del confine tra Gorizia e NovaGorica. La riflessione sulla speranza e la pace, per un “futuro di luce” per l’umanità di oggi
Mauro Ungaro – Gorizia
Una Via Crucis giubilare che ha voluto unire due territori, l’Italia e la Slovenia, e due popolazioni per oltre mezzo secolo separati dal primo muro sorto in Europa dopo il secondo conflitto mondiale. Un gesto simbolico per ribadire, nel Venerdì Santo di questo Anno Santo, quella Speranza che è riferimento per ogni credente e che permette di superare odi e divisioni del passato per guardare ad un futuro diverso. La memoria della sofferenza che si intreccia al desiderio di costruire ponti fra lingue, popoli e storie che conducono al cuore del Vangelo.
Io sono la Resurrezione e la vita
“Io sono la Resurrezione e la vita” è stato questo il tema scelto per l’iniziativa transfrontaliera fra Gorizia e Nova Gorica che ha visto oltre 600 persone, fra cui tantissimi giovani, mettersi in cammino seguendo la croce, guidati dall’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli e da don Bogdan Vidmar, vicario episcopale della diocesi di Koper. La partenza è avvenuta dalla chiesa di Maria SS. Regina (ultima chiesa in territorio italiano prima del confine) mentre la conclusione è stata ospitata dal santuario mariano di Castagnevizza, in Slovenia.
Sette stazioni in italiano e sloveno
A coordinare la realizzazione di questo intenso momento è stato il Decanato cittadino in collaborazione con l’Ordine francescano secolare di Gorizia e Nova Gorica che ogni anno cura con molta attenzione eventi di carattere transfrontaliero come gli “Incontri attorno al presepe”. Sette le tappe proposte in lingua italiana e slovena che, pur riducendo il numero delle tradizionali stazioni, ne hanno conservato l’intensità spirituale accostando un episodio della passione di Cristo ad un aspetto della realtà odierna, legato al presente e al futuro della terra isontina ma anche del mondo intero. E così la riflessione su guerra, pace, incontro, creato, aiuto, figli, speranza ha permesso di rilevare ancora una volta come il messaggio della Croce si apra ad un futuro di luce anche per l’uomo del nostro tempo.
Redaelli: cammino possibile per chi crede nella Speranza
In questo modo il percorso non è stato solo geografico – fra due città che oggi vivono insieme l’esperienza della Capitale europea della Cultura ma che per oltre mezzo secolo sono state separate dal confine – ma oltremodo simbolico partendo dal dolore della guerra e terminando nello sguardo fiducioso di Maria, madre dell’Umanità e di ogni figlio. “Per giungere alla gioia della Resurrezione bisogna passare per la sofferenza del Venerdì Santo” ha ricordato l’arcivescovo Redaelli al termine della Via Crucis, evidenziando come il cammino odierno percorso insieme da italiani e sloveni sia stato reso possibile dalla capacità di quanti, nel corso degli anni, di qua e al di là del confine, hanno continuato a credere e vivere nella Speranza anche nei momenti in cui era più facile abbandonarsi allo sconforto e alla paura.