«L’abuso commesso da uno di noi preti è una ferita inguaribile in chi ne è vittima, perché è la smentita e la frantumazione di una fiducia che è diventata confidenza, condivisione, apertura all’intimità più profonda. Ci sono quindi ragioni perché in questo contesto la gente sia incline alla sfiducia, allo scetticismo, alla reazione scandalizzata».
Con queste parole l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha commentato alcuni recenti fatti di cronaca che hanno visto coinvolto alcuni preti ambrosiani durante l’omelia della Messa Crismale del Giovedì Santo in Duomo alla quale erano presenti circa 800 preti della diocesi e nella quale vengono consacrati gli Olii santi utilizzati nel corso dell’anno per amministrare i sacramenti.
«Continuiamo a chiederci come sia possibile che uomini consacrati per portare il lieto annuncio della salvezza, diventino motivo di scandalo e diventino un argomento per screditare la Chiesa, i suoi preti, e quasi di conseguenza la parola che viene annunciata. Continuiamo a chiederci come sia possibile», ha detto l’arcivescovo, «continuiamo a proporre percorsi di formazione e di prevenzione. Continuiamo a richiamare a comportamenti prudenti, coscienziosi. Continuiamo a restare scandalizzati dalla leggerezza, dalla faciloneria che si autogiustifica, dalla mancanza di percezione del male che si compie verso persone che hanno dato fiducia, verso i confratelli e verso la Chiesa intera».
Un caso recente che ha scosso la diocesi riguarda don Samuele Marelli, ex direttore della Fondazione oratori milanesi (Fom), allontanato da Seregno l’anno scorso, sul quale è in corso un processo canonico, che si concluderà a breve, e un’inchiesta della Procura di Monza per presunti abusi sessuali su minori, che si sarebbero verificati quando era vicario della comunità pastorale “San Giovanni Paolo II” di Seregno (Monza) e, in essa, responsabile della pastorale giovanile.
Ecco il testo integrale dell’omelia di monsignor Mario Delpini.
1. Il compimento e l’incredulità
“Oggi si è compiuta questa Scrittura che avete ascoltato”. Siamo incantati dalla gloria che si manifesta. Siamo sorpresi dalla pretesa, semplice, mite eppure indiscutibile di Gesù che si presenta alla sua città, alla sua gente e annuncia il compimento delle promesse di Dio. Proprio oggi. Proprio qui.
Gli abitanti di Nazareth non hanno fatto festa, non hanno cantato il cantico della liberazione, non hanno lodato Dio per le sue opere meravigliose. Piuttosto hanno circondato di scetticismo e persino di irritazione e risentimento l’annuncio e le pretese di Gesù, che non era nient’altro che “il figlio di Giuseppe”. E Gesù è presente in mezzo a noi e rinnova la sua rivelazione: Eccomi! Oggi!
Qui si compie la promessa che avete udito, la salvezza che avete atteso. Proprio oggi! Proprio qui! Proprio per te, per noi!
E tuttavia mi sembra che talvolta lo scetticismo triste, la presunzione disincantata, la distrazione indisciplinata fanno nascere l’interrogativo: chi crede “oggi” nel compimento? Quando diciamo: “Questo è il mio corpo”, quando diciamo: “Ecco l’agnello di Dio”, quale stupore, quale gioia, quale riconoscenza si celebra nelle nostre assemblee?
Quando diciamo: “Il maestro è qui e ti chiama” quale entusiasmo, quale fretta di venire e vedere possiamo constatare?
2. Mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato
L’ostinato desiderio di Dio di salvare il mondo e di seminare consolazione, libertà e sollievo si compie con la presenza di Gesù che associa a sé i discepoli perché siano come lui consacrati con l’unzione e mandati.
La consacrazione nel battesimo e la grazia e la missione di proclamare questo “oggi” del compimento incompiuto sono il dono che ogni battezzato riceve. Il ministero ordinato, la nostra condizione di vescovi, preti, diaconi, ha una missione irrinunciabile.
Non da soli, non come fossimo una casta privilegiata, ma come dei servi che insieme con tutto il popolo cristiano compie la missione di proclamare questo “oggi” della salvezza. Se anche tutti se ne dimenticassero, noi siamo ordinati per ricordarlo; se anche tutti fossero distratti, noi siamo ordinati per annunciare ancora l’incanto, la sorpresa, la commozione: perciò tocca a noi dire: “Ecco l’Agnello di Dio!”.
3. Certo l’unzione rende sacro, non però necessariamente santo
La prima lettura raccomanda: «Consacrerai queste cose che diventeranno santissime. Ungerai anche Aronne e i suoi figli e li consacrerai».
L’unzione che consacra nel ministero ordinato è per annunciare l’”oggi” della salvezza. L’unzione rende sacro, chi è consacrato. Ma saranno “santi” i consacrati dal Signore?
La nostra Chiesa è ferita, il nostro presbiterio è ferito. Il comportamento scandaloso di alcuni di noi preti diventa una ferita per tutto il presbiterio, e tutti ne siamo umiliati e in qualche modo avvertiamo che è incrinata la fiducia verso tutti noi.
Anche se non ogni comportamento scandaloso, che riguardi il potere, il sesso, l’uso del denaro, è un delitto perseguito dall’ordinamento canonico o civile, è però sempre una ferita per la gente che si aspetta una parola e una vita di vangelo, è una ferita per tutto il presbiterio, per tutto il clero, per le comunità.
L’abuso commesso da uno di noi preti è una ferita inguaribile in chi ne è vittima, perché è la smentita e la frantumazione di una fiducia che è diventata confidenza, condivisione, apertura all’intimità più profonda. Ci sono quindi ragioni perché in questo contesto la gente sia incline alla sfiducia, allo scetticismo, alla reazione scandalizzata.
E continuiamo a chiederci come sia possibile che uomini consacrati per portare il lieto annuncio della salvezza, diventino motivo di scandalo e diventino un argomento per screditare la Chiesa, i suoi preti, e quasi di conseguenza la parola che viene annunciata.
Continuiamo a chiederci come sia possibile.
Continuiamo a proporre percorsi di formazione e di prevenzione. Continuiamo a richiamare a comportamenti prudenti, coscienziosi.
Continuiamo a restare scandalizzati dalla leggerezza, dalla faciloneria che si autogiustifica, dalla mancanza di percezione del male che si compie verso persone che hanno dato fiducia, verso i confratelli e verso la Chiesa intera.
Continuiamo a costatare il danno che ogni abuso rappresenta per le vittime, per le comunità.
Continuiamo a prendere coscienza che il prete colpevole o anche semplicemente accusato di un abuso o di un comportamento inappropriato è segnato per tutta la vita.
La nostra Chiesa ha messo in atto proposte formative, occasioni di confronto, pubblicazioni di indicazioni per comportamenti corretti e per una vigilanza condivisa. Come può essere che si siano di quelli che snobbano le proposte, le verifiche, gli inviti a conversione?
4. Eppure…
Volete sapere che cosa mi conforta di fronte a questi motivi di desolazione? Volete che vi confidi in che cosa trovo motivo di speranza per la nostra Chiesa, per il nostro clero?
Ecco: la mia consolazione e il mio incoraggiamento siete voi. Voi, i preti ambrosiani, i preti seri, i preti che fanno il prete con dedizione ammirevole, i preti che in ogni età sono animati dall’amore personale e appassionato per Gesù e per la gente, dal senso di responsabilità per la comunità. I motivi di speranza per la nostra Chiesa siete voi, preti e diaconi consacrati per la missione.
Non siamo perfetti e nessuno mai è sottratto alle tentazioni. Ma voi siete un motivo per avere fiducia perché vi sdegnate per gli scandali, vi arrabbiate per il discredito che ci ferisce, ma avete una riserva inesauribile di generosità, di compassione, di creatività.
I motivi di speranza per la nostra Chiesa e per la missione della Chiesa in questo tempo, siete voi, i preti che sono grati per la fraternità presbiterale, che la edificano, che portano i pesi gli uni degli altri, che sanno correggersi e incoraggiarsi a vicenda, che pregano insieme.
Voi siete motivo di fiducia e la gente sa che può fidarsi di voi, che ha bisogno di voi, che senza i preti la nostra Chiesa non può continuare la sua missione secondo quell’inconfondibile tratto ambrosiano di cui sono così fiero e grato. Voi siete motivo di fiducia perché continuate ad essere pieni di stupore e di gratitudine accogliendo la rivelazione di Gesù: oggi si compie, qui si compie la promessa di Dio.
Siamo santi non perché siamo privi di difetti e di peccati ma perché la santità di Dio continua ad attrarci a sé e a renderci uniti al suo figlio Gesù.
E proprio in Gesù noi riceviamo la gioia di essere consacrati, che oggi siamo qui a celebrare insieme. E proprio in Gesù riceviamo il nostro proposito di essere santi, in questo “oggi”.