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Quattro donne straniere tra gli antenati di Gesù. Speranza per tutte le genti

Ne parlerà per tutto il Giubileo. Papa Francesco ha deciso di dedicare tutte le catechesi dell’Anno santo al tema “Gesù Cristo nostra speranza”, perché «è Lui la meta del nostro pellegrinaggio, e Lui stesso è la via, il cammino da percorrere».

Comincia con l’infanzia e la genealogia. Quest’ultima, nel Vangelo di Matteo, apre  «l’intero canone neotestamentario». Una lista di nomi che mostrano come «la genealogia del Signore è costituita dalla storia vera, dove sono presenti alcuni nomi a dir poco problematici e si sottolinea il peccato del re Davide». Da una generazione all’altra vengono tramandate tre cose: «un nome che racchiude un’identità e una missione uniche; l’appartenenza a una famiglia e a un popolo; e infine l’adesione di fede al Dio d’Israele». La genealogia, spiega il Pontefice veicola il messaggio che «nessuno si dà la vita da sé stesso, ma la riceve in dono da altri; in questo caso, si tratta del popolo eletto e chi eredita il deposito della fede dei padri, nel trasmettere la vita ai figli, consegna loro anche la fede in Dio».

Nella genealogia di Gesù, a differenza delle altre citate nel Vecchio Testamento, appaiono, per la prima volta, anche i noi delle donne. «Ne troviamo cinque: Tamar, la nuora di Giuda che, rimasta vedova, si finge prostituta per assicurare una discendenza a suo marito; Racab, la prostituta di Gerico che permette agli esploratori ebrei di entrare nella terra promessa e conquistarla; Rut, la moabita che, nel libro omonimo, resta fedele alla suocera, se ne prende cura e diventerà la bisnonna del re Davide; Betsabea, con cui Davide commette adulterio e, dopo aver fatto uccidere il marito, genera Salomone; e infine Maria di Nazaret, sposa di Giuseppe, della casa di Davide: da lei nasce il Messia, Gesù».

Le prime quattro, sottolinea il Papa, non sono accomunate dal fatto di essere peccatrici, «come a volte si dice, ma di essere straniere, sono donne straniere rispetto al popolo d’Israele». E questo per rendere chiaro che nella genealogia di Gesù c’è il mondo delle genti. Non solo, mentre le prime quattro donne «sono menzionate accanto all’uomo che è nato da loro o a colui che l’ha generato, Maria, invece, acquista particolare risalto: segna un nuovo inizio, è lei stessa un nuovo inizio, perché nella sua vicenda non è più la creatura umana protagonista della generazione, ma Dio stesso». Francesco sototlinea anche il verbo «è nato», mentre per gli altri viene usato il verbo generare. «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo». Gesù, spiega il Pontefice, «è figlio di Davide, innestato da Giuseppe in quella dinastia e destinato ad essere il Messia d’Israele, ma è anche figlio di Abramo e di donne straniere, destinato quindi ad essere la “Luce delle genti”».

E il Figlio di Dio entra nel mondo come tutti «i figli dell’uomo, tanto che a Nazaret sarà chiamato “figlio di Giuseppe” o “figlio del falegname”. Vero Dio e vero uomo».

Infine, prima dei saluti nelle diverse lingue, Francesco chiede di risvegliare «in noi la memoria grata nei confronti dei nostri antenati. E soprattutto rendiamo grazie a Dio, che, mediante la madre Chiesa, ci ha generati alla vita eterna, la vita di Gesù, nostra speranza».

Al termine della catechesi Francesco ricorda il suo recente viaggio in Corsica e sottolinea, come già aveva fatto durante la visita, la gioia di aver visto tanti bambini. Poi loda i polacchi e la loro tradizione di Natale, l’oplatek, il pane che viene portato e distribuito in ogni quartiere. «Spezzerete l’oplatek – il pane di Natale», dice. «Questo gesto di carità, pace e perdono sia espressione di un cuore aperto a quanti incontrate sul vostro cammino. Continuate a ricordare soprattutto i poveri, le persone sole, le vittime delle alluvioni e le sorelle e i fratelli dell’Ucraina». L’ultimo pensiero è sempre quello per la pace. Con l’invito a «non dimentichiamo la gente che soffre per la guerra, la Palestina, Israele, tutti coloro che stanno soffrendo, Ucraina, Myanmar. Non dimentichiamo», dice Francesco, «di pregare per la pace, perché finiscano le guerre. Chiediamo al principe della pace, il Signore, che ci dia questa grazia: la pace, la pace nel mondo. La guerra, non dimentichiamo sempre è una sconfitta, sempre. La guerra sempre è una sconfitta».





Dal sito Famiglia Cristiana

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